La genesi dell’occhio di vetro

Andrea Trofino
3 min readMay 17, 2021

E’ nata prima la vista o l’occhio di vetro che porto al lato destro che riflette tutte le luci del mondo? Ricordo che iniziai a filtrare tutti i raggi del sole attraverso uno spigolo di vetro fissato al posto del mio occhio in un mattino di primavera in cui rimasi accecato dalla bellezza di una nuova fiamma che mi bruciava accanto, come una lente di ingrandimento che ingigantiva i raggi della stella del giorno infuocando foglie secche e cartacce di picche nei prati di cuori e bastoni dove si era solito fare all’amore e c’era chi prendeva anche picche e pacchi da riportare a casa, afflitti con un coltello dietro la schiena, inflitti di sorpresa, mortificati.

Alcuni giorni dopo ho iniziato a guardare tutto di traverso, attraverso il mio occhio di vetro, filtrando i colori con il prisma di cristallo che ho nel cervello.
E’ accaduto tutto quando ho perso il cuore per una bionda ragazza sarda con gli occhi da capriolo e il corpo da sirena che avevo pescato per caso nel mare caotico dei sogni per poi incontrarla un giorno all’aeroporto vicino alla Costa Degli Smeraldi dove l’occhio mi cadde troppe volte per la bellezza che avevo davanti e dietro e in ogni angolo rotolando sulla sabbia e scivolandomi spesso nell’acqua salata rendendomi il mondo appannato e non chiaro.

Ho perso la vista per lei lungo il mare azzurro, quando mi caddero le orbite e i globi oculari rotolando sulla sabbia e la mia sirena mi dovette portare d’urgenza al Pronto Soccorso di chi dicono sia accecato d’amore e non vede più cosa è giusto o cosa è sbagliato, ma la verità è nel mezzo degli occhi, laddove dicono ci sia l’anima blu.

Venni perciò dunque operato d’urgenza e un medico marinaio mi applicò al posto dell’occhio un pezzo di vetro preso dalla bottiglia usata per battezzare la nave chiamata Speranza che era affondata nel triangolo dei Bikini al largo di Slippini verso la rotta di collo per scendere giù a Crepapelle. Ma non rise nessuno, più che altro ci furono morti e sfiorati dal caso, per follia ancora vivi e belli come un fiore.

Avevo così riacquistato la vista attraverso il fondo di vetro della bottiglia verde che appena dopo scolai tutta e pian piano ci vidi doppio man mano che la mano dell’amata si allontanava dalla mia, la vista si disperava e l’occhio si trasformò in una forma sempre più complessa, in un cristallo riflettente che conduceva gli impulsivi luminosi lungo un filamento direttamente alla pompa del cuore che ne trae energia e carburante. Accade piano che la luce della mia vita si spense e anche iniziai ad avvertire problemi legati al cuore ma nessun cardiologo fu in grado di operarmi, tornai così nella mia patria con l’occhio di vetro e il cuore di tenebra dopo che io e la sirena ci lasciammo e accadde che

l’occhio di vetro si incrinò spezzandomi in più parti il cuore divenuto di ceramica rossa e infuocata, non più facilmente riparabile dalla mano di un semplice artista ma di uno bravo che sapesse ricostruire capolavori da pezzi di antiquariato.

Dovetti così imparare a distinguere l’amore da ciò che non lo era e l’illusione da ciò che si riflette sull’occhio analizzando ogni impulso intrecciato, un groviglio di sviste che spesso conducono alla follia chi non ci vuol vedere chiaro.

E’ così che sono giunto all’indifferenza delle cose? Al non amare più nessuno per paura di vederci doppio?

Mi hanno riferito che molti sono più o meno alla stessa stregua e mi chiedo perché mai i medici e i sapienti non sappiano ancora trovare una cura a questa cecità che parte dagli occhi e finisce nel cuore. Nel frattempo non vedo l’ora e indago con occhio attento le ultime scoperte della scienza, forse un giorno tornerò a vedere la luce dei miei occhi.

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Andrea Trofino

Insegnante di inglese, interprete, scrittore e coach